Sono loro ad aver ereditato il compito di dirigere il clan e riorganizzare la gestione degli affari dopo i pesantissimi colpi inferti negli ultimi anni con la cattura dei capi storici. Ed e’ stata la famiglia Russo, in stretti rapporti con il boss Francesco Schiavone, detto Sandokan, l’obiettivo dell’operazione della Dia (Direzione investigativa antimafia) di Napoli che ha portato all’alba di oggi all’esecuzione di 44 misure cautelari: 28 di custodia in carcere (parte delle quali nei confronti di persone gia’ detenute), 11 agli arresti domiciliari e 5 divieti di dimora. Nel corso dell’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, sono state sequestrate cinque aziende attive nel settore delle slot machine e dei videopoker per un valore di dieci milioni di euro (uno degli affari piu’ lucrosi gestiti dalla cosca), 3200 slot distribuite in bar e vari locali della provincia di Caserta (ma anche in Lazio e in Toscana) e 30 immobili a Marano, in provincia di Napoli. Le indagini si sono concentrate sul gruppo Schiavone-Russo, ritenuto il nucleo centrale del clan, alle dipendenze di Sandokan e di Giuseppe Russo, soprannominato ‘o Padrino, entrambi detenuti da anni in regime di 41 bis. Dopo i numerosi blitz che avevano disarticolato l’organizzazione, la famiglia Russo – Corrado, l’unico ancora libero, e il fratello Raffaele Nicola – aveva preso le redini della cosca dei Casalesi: a loro sarebbe stato affidato il compito di riorganizzare le fila “soprattutto da un punto di vista militare”, come sottolineano gli investigatori. Gli sviluppi dell’inchiesta si fondano su intercettazioni e sulle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia. I Russo si erano imposti nella gestione delle estorsioni e del controllo degli appalti, in rapporti con rappresentanti delle amministrazioni locali, e nel controllo – anche attraverso commercianti e imprenditori “compiacenti” – delle principali attivita’ economiche. Uno dei business principali – oltre a quelli tradizionali delle estorsioni e del controllo degli appalti pubblici – era costituito dalla gestione dei videopoker e delle slot che imponevano ai titolari di bar del Casertano. Un settore che prima era affidato ai fratelli Grasso e, dopo le indagini che li avevano coinvolti, passato sotto il controllo dei Russo. Questi ultimi riuscirono a istallare il doppio degli apparecchi che prima venivano gestiti dai Grassi. Il segno di come la camorra, nel giro di poche settimane da un duro colpo da parte di magistratura e forze di polizia, riesca a riorganizzarsi, come ha sottolineato il procuratore di Napoli Giovanni Colangelo che ha illustrato i dettagli dell’operazione insieme con il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e con il capocentro della Dia di Napoli Giuseppe Linares. I Russo erano impegnati anche nella distribuzione del caffe’, nella gestione di sale Bingo, nell’attivita’ di ristorazione presso centri commerciali e investivano ingenti somme nel mondo dell’ippica. Tra i destinatari di una ordinanza agli arresti domiciliari figura anche un noto driver campano: Mario Minopoli, accusato di essersi fittiziamente intestata la proprietà del cavallo Madison OM, di fatto appartenente invece – secondo l’accusa – a presunti esponenti del clan che lo acquistarono per la cifra di 47mila euro. Ciò allo scopo, sempre secondo l’accusa, di occultare gli utili ricavati da Massimo Russo, indicato come effettivo proprietario del cavallo. “Abbiamo fiducia nella magistratura e confidiamo che la vicenda si chiarisca al piu’ presto. La nostra scuderia da’ da vivere a 13 famiglie e, in un momento di forte crisi che sta attraversando l’ippica, questa situazione puo’ portare alla rovina”, ha dichiarato Salvatore Monopoli, padre del driver finito agli arresti.