Squadra e compasso. Grembiulino e affari. Sangue e piombo. La camorra alla fine degli anni ’80 entra nel business puzzolente della monnezza. Miliardi a palate. Qualcuno dice a camionate. Pecunia non olet. Dapprima i titolari di discariche del casertano e del napoletano entrano nello sporco affare. Poi devono ausiliarsi della mano criminale dei camorristi. Faccendieri con giacca, cravatta e le giuste amicizie contrattano con gli industriali del Nord. Ma da soli, gli imprenditori monnezzari non possono accedere dappertutto. Continua la lettura di Gaetano Cerci, l’uomo dei traffici di veleni che incontrò Licio Gelli
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La camorra nell’affaire monnezza, il sistema già corrotto da politica e imprenditoria
Una condanna a 14 anni di reclusione. È quanto ha richiesto al collegio giudicante presieduto da Orazio Rossi del tribunale di Santa Maria Capua Vetere il pm Antonello Ardituro, alla fine della requisitoria del processo che vede imputato l’ex sindaco di Villa Literno e attuale consigliere regionale Enrico Fabozzi per concorso esterno, reimpiego, turbativa d’asta, corruzione e voto di scambio. Ardituro ha chiesto anche che all’ex primo cittadino venga riconosciuta l’aggravante di aver fatto parte di una associazione armata. Il pm, poi, ha chiesto l’assoluzione per il reato di estorsione per Raffaele Pezzella, per il quale pero’ vuole 3 anni di pena per turbativa d’asta; per Nicola Caiazzo una condanna a 3 anni; per i collaboratori giustizia Francesco Diana, Massimo Iovine e Gaetano Ziello una pena di 1 anno e sei mesi. Tre anni, invece, per l’altro collaboratore Emilio Di Caterino. Per i due fratelli imprenditori Pasquale e Domenico Mastrominico, il pm ha chiesto 11 anni di reclusione. Tutti accusati di concorso esterno in associazione camorristica per il maxi appalto da 13 milioni di euro concesso nel 2007 ad imprenditori vicini al clan dei Casalesi. Nella requisitoria Ardituro ha ripercorso quelli che sono stati i rapporti tra imprenditori, Fabozzi e la camorra nella gestione degli appalti. Una “filiera” ha detto Ardituro, che inizia con il patto avvenuto nel 2003 tra Fabozzi e Luigi Guida, oggi collaboratore. Continua la lettura di La camorra nell’affaire monnezza, il sistema già corrotto da politica e imprenditoria
Terra dei veleni, rifiuti e silenzi di Stato
Sangue e cemento. Era questo il binomio dello strapotere del braccio economico-finanziario del clan dei casalesi. Ricostruzione post-terremoto, Asse di supporto, linea Alta Velocità, terza corsia della Napoli-Roma, rifacimento dei Regi Lagni: soldi a fiumi nelle casse del clan a vocazione imprenditoriale. Da bufalari in terra di Mazzoni a principali importatori ed esportatori di armi al mondo. Business della Camorra Spa made in Casal di Principe. C’è chi parla del miglior cemento sulla piazza: consorzi e calcestruzzo, questi criminali affaristi sono arrivati a costruirsi perfino la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere. Nel frattempo ci sono state le Stragi di Stato, il clima iniziava a farsi pesante, il carcere duro del 41bis veniva inasprito. Ci fu, comunque, chi pensò di “tradire” la fede mafiosa; il vincolo di appartenenza criminale veniva meno: passò dalla parte dello Stato. Intanto iniziavano i maxi processi, da Palermo alla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, dagli attentatori di Capaci al Processo Spartacus. Nel frattempo Tangentopoli aveva decapitato la classe politica italiana e nostrana: centinaia di politici finirono al gabbio. Alla fine degli anni ’80 l’ala militare-imprenditoriale del clan dei casalesi pensò bene di allargare i propri orizzonti criminali, di estendere le proprie competenze: l’affaire dei rifiuti tossici. Galeotto fu quel famoso pranzo in un ristorante sul Doppio Senso di Giugliano in Campania, nella periferia nord di Napoli. Broker, criminalità, imprenditoria e poteri forti decidevano di sedersi attorno ad un tavolo unendo interessi e contatti, Nord e Sud: la monnezza è oro.
Un pool di magistrati coraggiosi della Procura di Napoli aveva capito tutto: 115 arresti tutti in una notte, politici, criminalità, imprenditoria. L’inchiesta Adelphi tentò di scoperchiare il pentolone e gli intrecci ma il vincolo di “fratellanza” era troppo stretto, finì per pagare chi non era della cricca, pochi in verità. Continua la lettura di Terra dei veleni, rifiuti e silenzi di Stato