I carabinieri di Caserta hanno sottoposto a fermo nella provincia di Modena tre persone che, spacciandosi per affiliati al clan dei casalesi, nell’agosto del 2013 si sono presentati incappucciati a casa di un imprenditore modenese in difficoltà a cui avevano prestato 25mila euro e, per costringerlo a saldare il debito, concesso con tassi usurai del 30 percento al mese, lo hanno sequestrato e seviziato tagliuzzandogli la schiena con un taglierino. I tre fermati – due dei quali del Sud (uno è nato a Foggia e l’altro a Crotone) – sono tutti residenti nel mantovano.
Sulla necessità di misure cautelari per l’ex sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, la Suprema Corte di Cassazione ritiene «necessaria una rivalutazione critica circa la valorizzazione dell’elemento della cessazione della titolarità di cariche pubbliche da parte del Cosentino contenuta nella motivazione del provvedimento», di scarcerazione del 21 giugno e dell’11 ottobre 2013. Cosentino, tornato in libertà l’otto novembre del 2013, ha partecipato alla convention di Forza Campania, la costola dissidente del partito di Silvio Berlusconi. Ha sempre precisato, però, di non fare più politica. Ma i consiglieri di piazza Cavour a Roma – nella sentenza 14773 della Seconda sezione penale, depositata oggi e relativa all’udienza del 17 gennaio – precisano che la «verifica del ‘periculum’ di recidiva specifica avrebbe reso indispensabile una prognosi che tenesse conto congiuntamente degli elementi prospettati dal pubblico ministero»,
«riferibili anche all’arco temporale 2010-2012 oltre che all’attualità». Secondo la Cassazione, devono essere meglio scandagliati gli elementi sul «consolidamento» e sulla «continuità dei rapporti dell’ex parlamentare con ambienti criminali», Continua la lettura di Nicola Cosentino e i rapporti con il clan dei casalesi→
La Cassazione ha confermato sei ergastoli al boss stragista del clan dei casalesi. Giuseppe Setola è ancora sotto processo per altri tre agguati in cui furono uccise quattro persone: si tratta di quello al titolare di una scuola guida, Domenico Noviello, trucidato da decine di colpi il 16 maggio del 2008 in località Baia Verde di Castel Volturno (Caserta);
l’11 luglio, nel Lido “La Fiorente” di Varcaturo, venne ammazzato Raffaele Granata, 70 anni, gestore dello stabilimento balneare e padre del sindaco di Calvizzano (anche lui reticente alle richieste di pizzo); il 12 settembre, a San Marcellino, furono invece uccisi Antonio Ciardullo (titolare di una ditta di trasporti) Continua la lettura di La Cassazione conferma sei ergastoli al killer Giuseppe Setola→
Sangue e cemento. Era questo il binomio dello strapotere del braccio economico-finanziario del clan dei casalesi. Ricostruzione post-terremoto, Asse di supporto, linea Alta Velocità, terza corsia della Napoli-Roma, rifacimento dei Regi Lagni: soldi a fiumi nelle casse del clan a vocazione imprenditoriale. Da bufalari in terra di Mazzoni a principali importatori ed esportatori di armi al mondo. Business della Camorra Spa made in Casal di Principe. C’è chi parla del miglior cemento sulla piazza: consorzi e calcestruzzo, questi criminali affaristi sono arrivati a costruirsi perfino la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere. Nel frattempo ci sono state le Stragi di Stato, il clima iniziava a farsi pesante, il carcere duro del 41bis veniva inasprito. Ci fu, comunque, chi pensò di “tradire” la fede mafiosa; il vincolo di appartenenza criminale veniva meno: passò dalla parte dello Stato. Intanto iniziavano i maxi processi, da Palermo alla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, dagli attentatori di Capaci al Processo Spartacus. Nel frattempo Tangentopoli aveva decapitato la classe politica italiana e nostrana: centinaia di politici finirono al gabbio. Alla fine degli anni ’80 l’ala militare-imprenditoriale del clan dei casalesi pensò bene di allargare i propri orizzonti criminali, di estendere le proprie competenze: l’affaire dei rifiuti tossici. Galeotto fu quel famoso pranzo in un ristorante sul Doppio Senso di Giugliano in Campania, nella periferia nord di Napoli. Broker, criminalità, imprenditoria e poteri forti decidevano di sedersi attorno ad un tavolo unendo interessi e contatti, Nord e Sud: la monnezza è oro.
Un pool di magistrati coraggiosi della Procura di Napoli aveva capito tutto: 115 arresti tutti in una notte, politici, criminalità, imprenditoria. L’inchiesta Adelphi tentò di scoperchiare il pentolone e gli intrecci ma il vincolo di “fratellanza” era troppo stretto, finì per pagare chi non era della cricca, pochi in verità. Continua la lettura di Terra dei veleni, rifiuti e silenzi di Stato→
Casal di Principe 19 marzo 1994, ore 7,25 circa. Una giornata diversa dalle altre, una giornata di dolore e angoscia ma di speranza per un popolo che ha fame di riscatto e di orgoglio. Nei pressi della sagrestia della Chiesa di San Nicola nel giorno del suo onomastico, prima di recarsi all’ITIS “A. Volta” di Aversa, cade vittima del piombo della mafia casalese il prete don Giuseppe Diana, conosciuto da tutti come don Peppino. Un cittadino di Casal di Principe, un casalese diverso, una persona al servizio del suo popolo e della sua comunità. Un uomo delle istituzioni caduto per amore della sua gente. Don Peppino Diana è una delle circa 900 vittime innocenti delle mafie nel nostro Paese. La morte del prete casalese è il sacrificio di un martire nella Terra di Gomorra. A vent’anni da quella indimenticabile giornata di cronaca nera, nella Terra del clan della camorra casertana molto si è evoluto, poco è cambiato.