Talmente calati nella parte da sembrare attori di lungo corso quelli impegnati nelle riprese di Gomorra, il film girato nel 2008 da Matteo Garrone e tratto dall’omonimo best seller di Roberto Saviano: i fatti hanno detto poi che alcuni di quei principianti non facevano altro che recitare nella finzione la parte che interpretavano anche nella vita di tutti i giorni. Con l’arresto a Castel Volturno (Caserta) del 35enne Azize Pjamaa, che in Gomorra interpretava se stesso, ovvero uno spacciatore di eroina, salgono a quattro gli attori della pellicola tratta dal libro di Saviano finiti in manette, tre dei quali proprio per quei reati di camorra commessi virtualmente anche davanti alla macchina da presa. Il primo fu uno dei boss di Castel Volturno, Giovanni Venosa, appartenente all’omonimo clan parte integrante dei casalesi, che in Gomorra recitava la parte del capo che intimava a due ragazzi di non intraprendere attivita’ sul suo territorio; Continua la lettura di Gomorra sulla Domiziana: attori e camorristi, realtà come la fiction
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Terra dei Fuochi, viaggio lungo la costa del Litorale Domiziano e il Villaggio Coppola Pinetamare
Un tempo era chiamata “isola per vacanze”, oggi è degrado, malavita e rifiuti. La costa del Villaggio Coppola, la foce della darsena di San Bartolomeo, è una discarica a cielo aperto. E le istituzioni? Le forze dell’ordine? A 500 metri dal disastro ambientale, in Viale Delle Acacie c’è il “Centro di Formazione Nazionale” del Corpo forestale dello Stato di Castel Volturno intitolato al martire di camorra don Peppe Diana, inaugurato nell’aprile 2012 dall’allora Ministro delle politiche agricole e forestali Mario Catania, il Commissariato della Polizia di Stato e la Guardia Costiera. Nessun sequestro dell’area, è alla mercè di tutti. Il mare ha un colore nerastro, l’olezzo di pelle e coloranti è nauseabondo, sembra di stare in una conceria. Sono pelli e scarti delle piccole industrie del nord napoletano e del nolano. E come ci sono finiti questi rifiuti pericolosi sulla costa di Castel Volturno? Sono stati gettati nei Regi Lagni, hanno percorso una ventina di chilometri, le piene invernali li hanno “trasportati” fin qui. Siamo solo nella terra di nessuno, a Pinetamare. Nella terra, nel Villaggio un tempo fortino della famiglia Coppola, e della borghesia catto-democristiana di stampo andreottiano. Un ammasso deforme di ecomostri e strutture in cemento corrose dalla salsedine. Nel 2003 la Regione Campania, la Provincia di Caserta, il Comune di Castel Volturno, il Comune di Villa Literno, il Consorzio Rinascita e Fontana Bleu S.p.A. firmarono un Accordo di Programma con il quale venne approvato “Il Piano di Riqualificazione per il Risanamento ecoambientale e il rilancio socio economico per la località Pinetamare di Castelvolturno ed aree attigue” con la creazione di un porto turistico. Dal 2003 solo chiacchiere.
L’odio razziale dietro la strage dei sette africani sulla Domiziana
Il commando dei casalesi responsabile della “strage di San Gennaro” incompiuta del 18 agosto 2008, nella quale a Castel Volturno scamparono miracolosamente alla morte rimanendo feriti cinque nigeriani, e dell’eccidio nel quale un mese dopo, il 18 settembre, vennero uccisi sei ghanesi – bilancio poi salito a sette per la morte di un sopravvissuto – agì con “elevatissima aggressività” senza curarsi della incolumità di nessuno e animato da “evidente avversione e chiaro disprezzo per le persone di colore”. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni di conferma delle condanne per i cinque killer imputati depositate il 16 maggio e relative all’udienza del 30 gennaio. I casalesi avevano deciso di far pagare il pizzo ai pusher africani, e come prima cosa avevano preso di mira una associazione di nigeriani che si batteva per la legalità in contatto con le forze dell’ordine. Le armi si incepparono e la mattanza si bloccò. Il mese dopo – ha raccontato il ‘pentito’ Oreste Spagnuolo, presente ai blitz – “visto che i nigeriani non avevano capito da chi fosse partita la spedizione punitiva”, era stato organizzato “un altro raid presso la sartoria sulla statale Domitiana dove erano solite radunarsi persone di colore”. Il gruppo del Setola travestito con l’uniforme dei carabinieri e fingendo un controllo sparò con quattro pistole, due kalashnikov e una mitragliatrice. Oltre a rendere definitivo l’ergastolo per il capo dell’ala stragista Giuseppe Setola (44 anni), per Alessandro Cirillo (38), per Giovanni Letizia (34) e per Davide Granato (39), la Prima sezione penale della Suprema Corte ha anche confermato l’aumento di pena inflitto in appello a Antonio Alluce (42 anni) che deve scontare 28 anni e sei mesi (23 anni in primo grado). Continua la lettura di L’odio razziale dietro la strage dei sette africani sulla Domiziana
“Non ho ucciso nessuno”, parola del killer stragista Giuseppe Setola
«Mi pento per non essere stato un buon marito e un buon padre, per il resto risponderò a Dio perchè non ho commesso alcuno dei fatti per i quali sono stato condannato». Lo ha dichiarato il capo dell’ala stragista del clan dei Casalesi Giuseppe Setola, rispondendo alle domande del pm della Dda di Napoli Alessandro Milita durante l’udienza del processo in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, avvenuto a Castel Volturno il 16 maggio 2008. Atmosfera più distesa oggi, dopo le schermaglie con il magistrato che hanno caratterizzato la scorsa udienza; gli unici momenti di tensione si sono verificati quando il pm ha chiesto al killer, già condannato con sette ergastoli definitivi per 15 omicidi su 18 avvenuti nel Casertano tra il maggio e il dicembre 2008, tra cui la strage degli immigrati, se i suoi problemi alla vista erano aumentati negli ultimi anni. «Da anni ho l’occhio sinistro spento – ha spiegato Setola – che mi permette di distinguere solo la luce e nulla più mentre all’occhio destro vedo pochissimo». «Allora come faceva a fare il capo se non vede?», domanda il pm, che poi chiede a bruciapelo all’imputato: «Ma lei se si copre l’occhio sinistro mi vede?». «Dottò, siamo davanti ad una Corte, mica potete farmi la visita oculistica qui». Continua la lettura di “Non ho ucciso nessuno”, parola del killer stragista Giuseppe Setola
Terra dei Fuochi, a Castel Volturno un cimitero di bufale
Ventiquattro carcasse di bufale adulte e una di un vitellino. Questo il macabro scenario apparso agli agenti del Corpo forestale dello Stato, all’interno di un allevamento a Castel Volturno, in provincia di Caserta. Gli animali sono stati rinvenuti in avanzato stato di decomposizione e si ipotizza siano stati lasciati morire in seguito a prolungata denutrizione e totale abbandono. Per questo motivo gli uomini della Forestale hanno denunciato un 64enne alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere per l’ipotesi di maltrattamento di animali, fino a provocarne la morte, illecito smaltimento di carcasse e violazione degli obblighi inerenti la custodia giudiziaria degli animali. Il precedente Il ritrovamento del cimitero è avvenuto a seguito di una segnalazione arrivata agli uffici del comando provinciale di Caserta, mentre sul posto è intervenuto il personale dei comandi forestali di Castel Volturno, Caserta e Vairano Patenora, insieme a quello del servizio veterinario della Asl di San Marcellino, nel casertano.
Il personale della Forestale si è, quindi, recato in località Pagliuca nel comune di Castel Volturno trovando, all’interno di un’azienda, le carcasse di bufale in avanzato stato di decomposizione, dall’odore sgradevole e nauseabondo, abbandonate su un terreno nudo e prive di qualsiasi forma di copertura o di protezione. Continua la lettura di Terra dei Fuochi, a Castel Volturno un cimitero di bufale