Quella della Blue Sky M alla deriva nello Ionio con quasi mille migranti clandestini curdi e siriani attraccata nel Salento (nel porto di Gallipoli – nda) è una storia già vista. Negli anni ’80 e ’90 quella battuta dalla nave cargo era la rotta dei traffici di rifiuti tossici e pericolosi tra l’Italia e il Medio Oriente passando per l’Est Europa (Siria, Romania, Turchia, Albania, Iraq, Bulgaria, Urss). Ogni migrante ha pagato all’incirca 4500 euro per l’attraversamento del Mediterraneo alla ricerca dell’agognata democrazia (?) e libertà (?) occidentale scappando dalle guerre e dalla fame. La nave Blue Sky M, battente bandiera moldava, era di proprietà di un’azienda romena, la Info Market di Costanza, fino a due settimane fa. “Ho preso contatti con la titolare dell’azienda, al momento all’estero, la quale mi ha riferito che ha venduto la nave due settimane fa ad un cittadino siriano”, ha riferito all’agenzia di stampa romena Mediafax Adrian Mihălcioiu, leader del Sindacato Libero dei Marinai di Costanza sul Mar Nero. Nelle ultime ore il mistero della Blue Sky M si infittisce sempre di più e concentra l’epicentro del traffico di clandestini e delle navi a perdere proprio nel Mar Nero, proiettando la Romania del neo presidente Klaus Ioannis, la Moldavia e la Turchia in un vortice di interessi illegali. Come riferisce uno dei maggiori quotidiani romeni Jurnalul National, ci sarebbero in corso delle “indagini su delle operazioni di navi mercantili nel Mar Nero, dove il cambio di bandiere e armatori diventa un business sempre più nebuloso”. La nave cargo costruita nel porto di Amburgo nel 1976, dal 2013 risulta registrata a Giurgiulesti in Moldavia. La sede principale della società che ha come oggetto sociale il trasporto di merce non alimentare è in via Stefan Mihaileanu n. 68, lo stesso dell’abitazione dei proprietari Marian Stanciu e Pauline Stanciu, avendo rispettivamente il 75 e il 25 % delle azioni della Srl di Costanza. Continua la lettura di I clandestini e le rotte dei rifiuti tossici, il business delle navi a perdere
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Mafia&carburanti, sequestrati beni per 120 milioni di euro ai Cosentinos
Un vero e proprio monopolio nella distribuzione dei carburanti fondato sulla forza intimidatrice del clan dei Casalesi e sulla capacità di Nicola Cosentino, ex sottosegretario di governo, di esercitare pressioni per favorire le aziende dei fratelli Giovanni e Antonio e danneggiare, invece, quelle concorrenti. I carabinieri di Caserta e la Procura di Napoli hanno sequestrato preventivamente ai fratelli Cosentino beni per circa 120 milioni di euro costituiti dalle società Aversana Petroli e Ip Service, e da 142 distributori di carburante tra Campania, Calabria, Basilicata e Toscana. I tre fratelli Giovanni, Antonio e Nicola Cosentino sono già destinatari di un provvedimento cautelare personale emesso nell’ambito della stessa indagine il 3 aprile 2014: il primo è detenuto insieme a Nicola, mentre Giovanni si trova ai domiciliari. Lo stesso giorno furono emessi altri undici provvedimenti cautelari nei confronti di altrettante persone. Secondo quanto evidenziato dagli inquirenti, le fazioni Russo e Schiavone del clan dei casalesi hanno aiutato i fratelli Cosentino nel raggiungimento del loro obiettivo, cioè il monopolio nel settore della distribuzione di carburanti. Le accuse contestate agli indagati sono, a vario titolo, di estorsione, concussioni, illecita concorrenza con violenza e minacce, riciclaggio. Il tutto aggravato dall’avere agevolato un clan di camorra. I carabinieri di Caserta, guidati dal colonnello Scafuri e dal tenente colonnello Alfonso Pannone, hanno messo i sigilli a distributori di carburante in una decina di province italiane distribuite in quattro regioni. La maggior parte degli impianti, circa una quarantina, si trovano nel Casertano. I restanti perlopiù in Campania (tra Avellino, Benevento e Napoli) ma anche in Calabria (Vibo Valentia, Crotone, Reggio Calabria e Catanzaro), Potenza e anche in provincia di Siena. L’attività investigativa, è stato spiegato nel corso di una conferenza stampa, – a cui hanno preso parte il procuratore della Repubblica Giovanni Colangelo, il pm della Dna Francesco Curcio, il colonnello Scafuri e il tenente colonnello Pannone – ha avuto inizio tra il 1998 e il 1999 ed è terminata nel 2011. Continua la lettura di Mafia&carburanti, sequestrati beni per 120 milioni di euro ai Cosentinos
Ecomafie/L’ex pm Raffaele Cantone: “I rifiuti il settore più inquinato dalle mafie. Chiesto il commissariamento della Ecocar”
Quello della gestione dei rifiuti è “il settore più inquinato” dalla criminalità organizzata e quello con “il più alto numero di interdittive antimafia. Interdittive che riguardano rapporti con le organizzazioni criminali nella regioni del Sud, ma non solo. Tale presenza legata anche agli ampi margini di guadagno”. Lo ha detto il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone in audizione alla commissione parlamentare sulle Ecomafie. Nel corso dell’audizione, come sintetizza una nota della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, Cantone ha ribadito lo stretto legame che esiste tra la criminalità organizzata e il settore dei rifiuti, che ha interessato anche esperienze di società miste pubblico-private. Il presidente dell’Anticorruzione si è poi soffermato sul tema delle bonifiche e sulla necessità di individuare il giusto equilibrio tra semplificazione e trasparenza. E ha sottolineato, inoltre, come sia stata corretta la scelta del governo di centralizzare alcuni interventi, come quello della bonifica dell’area di Bagnoli. Il magistrato si è soffermato anche sull’uso del sistema delle white list nell’aggiudicazione degli interventi nel settore ambientale, auspicando che tra i motivi di esclusione delle imprese siano ricompresi i reati ambientali – in alcuni casi anche contravvenzioni – e la corruzione. Continua la lettura di Ecomafie/L’ex pm Raffaele Cantone: “I rifiuti il settore più inquinato dalle mafie. Chiesto il commissariamento della Ecocar”
Show in aula di Giuseppe Setola, “ho sognato Papa Wojtyla e mi ha detto pentiti”
“Ho sognato Papa Wojtyla e mi ha detto: pentiti”. Parola di Giuseppe Setola, il capo dell’ala stragista dei casalesi, autore reo-confesso di 46 omicidi. Al processo per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, ucciso il 16 maggio del 2008 per aver denunciato gli estorsori del clan, il killer parla da “aspirante collaboratore di giustizia”. Non e’ ancora un pentito, come specifica il presidente della Corte d’Assise davanti al quale pende il processo Maria Alaia. “Setola – spiega – e’ un imputato che sta facendo dichiarazioni la cui attendibilita’ andra’ valutata”. Il pm della Dda di Napoli Alessandro Milita lo ha sentito per la prima volta sabato 12 ottobre. E oggi Milita ha depositato il verbale del primo interrogatorio: appena due paginette sull’omicidio Noviello e altre, poche, su argomenti “omissati”. In aula sono presenti i quattro figli dell’imprenditore, tra cui Mimma Noviello, che si sfoga indignata prima che inizi l’esame: “Sono qui a testimoniare che non deve passare il messaggio che con scuse e pentimenti annunciati si possano cancellare 46 omicidi. Finiamola con il ‘Setola show'”. “Non ce la faccio piu’ con questa malavita – dice in aula il killer – mi voglio fare tutti i sette ergastoli e voglio chiedere scusa ai Noviello. Una persona che denuncia come fece Domenico Noviello fa bene. Ho deciso di collaborare con la giustizia per dare una svolta alla mia vita ed a quella della mia famiglia”. Continua la lettura di Show in aula di Giuseppe Setola, “ho sognato Papa Wojtyla e mi ha detto pentiti”
“Giovà, la malavita è finita”, il superkiller Setola si pente in aula. Il pm Milita: “non sono minimamente sorpreso”
“Dottor Milita, io ci vedo benissimo. Da oggi voglio fare il collaboratore di giustizia. Mandatemi a prendere. Mettete in salvo la mia famiglia altrimenti i Bidognetti li uccidono. Dottore venga da me gia’ questa sera e le diro’ tutto. Mi dispiace per Casal di Principe”. Nell’udienza di mercoledì scorso, il primo di ottobre, lo aveva escluso. “Fino a poco fa volevo fare una scelta collaborativa – disse – ma mi sono tirato indietro perche’ avrei dovuto accusare tutta Casal di Principe”. Giuseppe Setola, l’uomo che per fuggire al carcere duro si finse cieco nel 2008, inaugurando una stagione ‘del terrore’ nel Casertano per conto del gruppo Bidognetti dei Casalesi, collegato dal carcere di Opera all’aula del tribunale di Santa Maria Capua Vetere per il processo sull’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, che anziche’ pagare il ‘pizzo’ denunciò la cosca, ha piu’ volte fatto dichiarazioni da colpo di teatro. La cautela con cui i pm della Direzione antimafia di Napoli accolgono le sue richieste nasce anche da precedenti incontri con il capo dell’alla stragista dei Casalesi. Uno lo raccontava anche lui al collegio giudicante sempre una settimana fa: “venne da me il procuratore Conzo gli dissi le stesse cose che sto dicendo qua (si sta accusando di 46 omicidi, ndr.) ma mi disse che sono pazzo”. E il 17 settembre, alla ripresa delle udienze del processo che si avviava alla conclusione, tra lo stupore generale, aveva revocato il mandato difensivo al suo legale ‘storico’, Alberto Martucci, scegliendo Lucia Annibali, l’avvocato sfregiato dall’acido su mandato del suo ex fidanzato ora condannato. Continua la lettura di “Giovà, la malavita è finita”, il superkiller Setola si pente in aula. Il pm Milita: “non sono minimamente sorpreso”