Anche i soldi del cosiddetto clan degli “scissionisti”, attivo nell’area nord di Napoli, finivano nella societa’ Caffe’ del Sud (poi trasformatasi in Nuova Caffe’ del Sud, ndr), che distribuisce il caffe’ in Campania e, di fatto, era gestita dalla famiglia di Puorto di Casal di Principe per conto della fazione Schiavone del clan dei casalesi. La circostanza emerge dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Napoli Claudia Picciotti ed eseguita stamattina dal Gico della Guardia di Finanza di Firenze e dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta che questa mattina hanno arrestato, tra gli altri, i fratelli Antonio e Salvatore Di Puorto con la moglie di quest’ultimo, il padre Ugo, i nipoti, e sequestrato di beni per circa 10 milioni di euro, tra cui beni immobili in provincia di Modena (Emilia Romagna). A raccontare la circostanza che conferma la capacita’ dei Casalesi di ripulire il danaro anche di altre organizzazioni e’ il collaboratore di giustizia Salvatore Venosa. “So che il Caffe’ del Sud veniva da un deposito di Mondragone. Ricordo che ebbi un assegno bancario della Deutsche Bank pari a 6 mila euro da uno scissionista; lo consegnai a Salvatore Di Puorto che lo inserì nella contabilità Caffe’ del Sud. Ai clan di Mondragone veniva versata, in cambio della disponibilità ad accettare nel territorio la distribuzione del CAFFÈ DEL SUD un contributo economico”. Sempre Venosa racconta che dai soldi guadagnati con la vendita del caffe’ e con l’installazione delle slot machine, “business diffusi sul litorale pontino sino a Roma”, venivano pagati i capi del clan. “Era lui – riferisce Venosa citando Benedetto Ricciardi, nipote dei fratelli Di Puorto, arrestato stamani – che consegnava la somma di diciassettemila e 500 euro mensili a Carmine Schiavone che doveva portarli al padre ‘Sandokan’ e la somma di 3500 euro per Nicola Schiavone a titolo di stipendio”. Non avevano confini gli affari della famiglia: “…i soldi che i Di Puorto investivano al nord ed anche in Toscana derivavano dall’attività di video poker e dalla distribuzione del caffè denominata Caffè del Sud, traffici di autovetture, fatturazione falsa, non escluse le estorsioni praticate nei confronti di imprenditori edili in Toscana…” – continua il pentito Venosa. L’odore del caffè prodotto a Gomorra doveva avere un’unica firma, quella degli Schiavone: Continua la lettura di Affari made in Gomorra: “dal caffè e macchinette videopoker i soldi per quelli al 41 bis”
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A Casapesenna la politica asservita allo strapotere di Michele Zagaria
L’ex sindaco di Casapesenna Fortunato Zagaria era espressione del gruppo capeggiato dal boss omonimo Michele Zagaria. Lo rivela l’ex capo-clan da poco pentito Antonio Iovine, o’ ninno, in alcuni interrogatori i cui verbali sono stati depositati questa mattina al Tribunale di Napoli dal pm della DDA Catello Maresca. Il deposito e’ stato effettuato nel corso dell’udienza preliminare del processo (gup Alessandra Ferrigno) che vede imputati l’ex primula rossa e l’ex sindaco di Casapesenna per il reato di tentata violenza privata aggravata dal metodo mafioso commessa nei confronti di Giovanni Zara (difeso dall’avvocato Domenico Cesaro), ex primo cittadino del paese del Casertano. I fatti risalgono al 2008 quando Zara era stato da poco eletto sindaco e Zagaria era il suo vice: quest’ultimo, secondo l’accusa, avrebbe piu’ volte minacciato Zara affinche’ questi non parlasse in occasioni pubbliche del boss allora latitante. Pochi mesi dopo Zara fu sfiduciato dalla sua stessa maggioranza e costretto a lasciare l’incarico, alle successive elezioni Zagaria divenne sindaco. Per questi fatti Zagaria fu anche arrestato nel febbraio 2012 mentre era sindaco di Casapesenna e scarcerato dopo pochi giorni. Il pm Maresca in aula ha depositato anche i verbali contenenti dichiarazioni dell’altro neo-pentito Attilio Pellegrino, ex luogotenente di Zagaria e un dvd con le immagini di un convegno tenutosi alla Camera dei Deputati in cui Zara parlo’ di legalita’ scagliandosi contro il boss allora latitante. Iovine racconta delle minacce realizzate tra il 2001 e il 2005 da Luigi Guida detto o’drink, allora capo della fazione Bidognetti del clan, nei confronti di tre sindaci del Casertano. Continua la lettura di A Casapesenna la politica asservita allo strapotere di Michele Zagaria
Renato Natale smentisce il Premier Matteo Renzi, io sindaco di chi vuole cambiare
“Siamo felici di tutti i comuni vinti. Ma c’è Casal di Principe: prendere il comune di don Peppe Diana contro la camorra, sui valori, è il segno che è una splendida giornata, è straordinario”. Qualcuno delle alte sfere del Partito Democratico stamattina ben conscio di potersi giocare la vittoria di domenica scorsa ai tavoli romani aveva suggerito al Segretario-Premier Matteo Renzi di giocarsi questa partita durante una riunione di partito all’Hotel Ergife di Roma. Ha sbagliato a fare i conti, in serata lo stesso neo sindaco casalese ha smentito il/la millantatore/trice: “non sono il sindaco del Pd, del centro-sinistra o di qualsiasi altro schieramento politico, ma il sindaco di tutti i cittadini di Casal di Principe che hanno deciso di voltare pagina”. Lo ha dichiarato Renato Natale, neo primo cittadino del paese di cui sono originari i boss dei Casalesi, commentando le dichiarazioni rilasciate dal Premier Matteo Renzi nel corso dell’assemblea nazionale del Pd a proposito della vittoria alle amministrative in particolare nella cittadina del Casertano. Natale, ex Pci e Pd, e’ stato eletto a Casal di Principe grazie al sostegno di due liste civiche. Continua la lettura di Renato Natale smentisce il Premier Matteo Renzi, io sindaco di chi vuole cambiare
Italia dei veleni ed Ecomafie, un business che vale 15 miliardi di euro
Il business delle ecomafia vale circa 15 miliardi, quanto e più di una massiccia manovra finanziaria, e nonostante la crisi e la spending review limita i danni (era 16 mld il giro d’affari stimato lo scorso anno). E’ il dato che emerge dal Rapporto Ecomafie 2014 di Legambiente, presentato oggi a Roma. Il rapporto, come di consueto, è ricco di dati sulla ilelgalità ambientale in Italia. Sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013, più di 80 al giorno, più di 3 l’ora. In massima parte hanno riguardato il settore agroalimentare: ben il 25% del totale, con 9.540 reati, più del doppio del 2012 quando erano 4.173. Il 22% delle infrazioni ha interessato invece la fauna, il 15% i rifiuti e il 14% il ciclo del cemento. Il fatturato, sempre altissimo nonostante la crisi, ha sfiorato i 15 miliardi di euro grazie al coinvolgimento di numerosi clan (ben 321) che per i loro traffici hanno potuto contare spesso sull’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici consenzienti o decisamente disonesti che hanno semplificato iter e processi autorizzativi in cambio di sostanziose mazzette. E se l’aggressione ai beni comuni continua senza sosta e senza troppi scossoni, cambia la geografia degli ecocrimini, sempre più insofferente ai confini territoriali e amministrativi (sia regionali che nazionali o internazionali), così come mutano le strategie criminali e i modus operandi. I rifiuti, ad esempio, non finiscono solo sotto terra, ma anche nei circuiti del riciclo in nero o del finto riciclo, i soldi incanalati nei circuiti finanziari internazionali. Continua la lettura di Italia dei veleni ed Ecomafie, un business che vale 15 miliardi di euro
Il padrino Antonio Iovine vuota il sacco e in Terra di Gomorra sono in molti a tremare
Aveva solo vent’anni, ed il battesimo del fuoco arrivò in un afoso giorno d’inizio estate del 1984. Scontro tra bande avverse, la Nuova Famiglia contro i seguaci del Professore di Vesuviano, l’assassinio di Ciro Nuvoletta avviò la guerra nella Campania post terremoto. Lo scontro sanguinario non aveva età, davanti ai due capi, Antonio Bardellino e Vincenzo De Falco, il Ninno, come lo avevano soprannominato ad Antonio Iovine, si avviava alla carriera di boss. Subito dopo l’agguato si svolse il rito di affiliazione: il dito ”pugnuto”, il santino macchiato di sangue che si incendiava tra le mani, il giuramento che sarebbe venuto meno come quella figurina se avesse tradito. Antonio Iovine, boss pentito del clan dei Casalesi, al patto di sangue è venuto meno: “ho iniziato la collaborazione per avere un futuro migliore, per dare una svolta alla mia vita”, ha esordito così ‘o ninno, nell’aula ex 30 della Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in un afoso sabato di giugno, lo stesso mese del suo battesimo di fuoco. Regolamenti di conti, lotte intestine, appalti pilotati, funzionari e amministratori comprati o collusi, buste gialle, fogli bianchi, milioni e milioni di euro, soldi pubblici finiti nelle casse di imprenditori che sceglievano i loro riferimenti criminali. “Fui affiliato al clan dei casalesi con la pungitura nel 1985, lo stesso giorno dell’omicidio Di Nuvoletta, ad affiliarmi – ha detto gesticolando con la mano destra ‘o ninno, l’eterno bambino – furono Antonio Bardellino e Vincenzo De Falco. Mi punsero un dito e fecero cadere alcune gocce di sangue su un santino. Pronunciai un giuramento le cui parole esatte non ricordo, ma nel quale mi impegnavo a non tradire il clan”. Continua la lettura di Il padrino Antonio Iovine vuota il sacco e in Terra di Gomorra sono in molti a tremare