Rifiuti&Politica/I fratelli Orsi pre-elezioni incontravano tutti, destra e sinistra

“Nel 2005 prima delle elezioni Regionali e Provinciali mio fratello Michele ed io avemmo varie riunioni con gli esponenti del centro-sinistra Lorenzo Diana, Angelo Brancaccio e Andrea Lettieri per pianificare la campagna elettorale”. E’ quanto ha detto al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere l’imprenditore dei rifiuti Sergio Orsi, condannato per collusione con il clan Bidognetti, durante il processo dov’è imputato l’ex sottosegretario Nicola Cosentino per concorso esterno in associazione camorristica. Orsi, che è agli arresti domiciliari, ha risposto in sede di controesame alle domande dell’avvocato Stefano Montone, difensore dell’ex coordinatore regionale di Forza Italia. La circostanza riferita dal teste conferma quanto effettivamente accaduto nel 2005, anno in cui Orsi creo’ la Gmc, societa’ che svolgeva servizi per conto dei Comuni, proprio con Brancaccio e Lettieri, allora sindaci di Orta di Atella e Gricignano; la societa’ e’ poi finita nel mirino della Dda e proprio qualche mese fa i due amministratori, ancora in carica, sono stati arrestati. Continua la lettura di Rifiuti&Politica/I fratelli Orsi pre-elezioni incontravano tutti, destra e sinistra

Gomorra sulla Domiziana: attori e camorristi, realtà come la fiction

Talmente calati nella parte da sembrare attori di lungo corso quelli impegnati nelle riprese di Gomorra, il film girato nel 2008 da Matteo Garrone e tratto dall’omonimo best seller di Roberto Saviano: i fatti hanno detto poi che alcuni di quei principianti non facevano altro che recitare nella finzione la parte che interpretavano anche nella vita di tutti i giorni. Con l’arresto a Castel Volturno (Caserta) del 35enne Azize Pjamaa, che in Gomorra interpretava se stesso, ovvero uno spacciatore di eroina, salgono a quattro gli attori della pellicola tratta dal libro di Saviano finiti in manette, tre dei quali proprio per quei reati di camorra commessi virtualmente anche davanti alla macchina da presa. Il primo fu uno dei boss di Castel Volturno, Giovanni Venosa, appartenente all’omonimo clan parte integrante dei casalesi, che in Gomorra recitava la parte del capo che intimava a due ragazzi di non intraprendere attivita’ sul suo territorio; Continua la lettura di Gomorra sulla Domiziana: attori e camorristi, realtà come la fiction

Cavalli, videopoker e slot-machine, 44 arresti della Dia di Napoli

Sono loro ad aver ereditato il compito di dirigere il clan e riorganizzare la gestione degli affari dopo i pesantissimi colpi inferti negli ultimi anni con la cattura dei capi storici. Ed e’ stata la famiglia Russo, in stretti rapporti con il boss Francesco Schiavone, detto Sandokan, l’obiettivo dell’operazione della Dia (Direzione investigativa antimafia) di Napoli che ha portato all’alba di oggi all’esecuzione di 44 misure cautelari: 28 di custodia in carcere (parte delle quali nei confronti di persone gia’ detenute), 11 agli arresti domiciliari e 5 divieti di dimora. Nel corso dell’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, sono state sequestrate cinque aziende attive nel settore delle slot machine e dei videopoker per un valore di dieci milioni di euro (uno degli affari piu’ lucrosi gestiti dalla cosca), 3200 slot distribuite in bar e vari locali della provincia di Caserta (ma anche in Lazio e in Toscana) e 30 immobili a Marano, in provincia di Napoli.    Le indagini si sono concentrate sul gruppo Schiavone-Russo, ritenuto il nucleo centrale del clan, alle dipendenze di Sandokan e di Giuseppe Russo, soprannominato ‘o Padrino, entrambi detenuti da anni in regime di 41 bis. Continua la lettura di Cavalli, videopoker e slot-machine, 44 arresti della Dia di Napoli

Estorceva il pizzo ai pusher, in cella il bidognettiano Gaetano Cerci

Chiedevano il pizzo “classico” ai commercianti ma vista la crisi del clan dei casalesi, ridotto ai minimi termini da arresti e pentimenti, non disdegnavano di farsi pagare dai pusher e dai raccoglitori di pigne. Ciò da quanto emerge dall’ultima indagine della Dda di Napoli sul clan della mafia casertana che oggi ha portato in cella, su ordine del gip Pietro Carola, nove persone. A finire in manette anche i capi del gruppo, Dionigi Pacifico, 53 anni, imparentato con la famiglia camorristica De Falco, e soprattutto il pruripregiudicato Gaetano Cerci, 50 anni, che alcuni anni fa, quando il clan ancora dettava legge, era il punto di riferimento nel lucroso settore dello smaltimento illecito dei rifiuti, una sorta di “vicerè” legatissimo da vincolo di parentela al superboss Francesco Bidognetti, alias Cicciotto e’ mezzanotte. Negli anni ’90 Cerci fu coinvolto in un’indagine sulla loggia massonica P2, poi con il crollo dell’impero casalese è divenuto negli ultimi anni il punto riferimento di un gruppo di estorsori che chiedeva il pizzo a tutti pur di raggranellare qualcosa. Continua la lettura di Estorceva il pizzo ai pusher, in cella il bidognettiano Gaetano Cerci

Procuratore Colangelo, certi dell’esistenza della pen drive del boss Michele Zagaria

Sull’esistenza della pen drive “siamo ragionevolmente certi; come e in quali circostanze si sia verificato questo passaggio non e’ dato purtroppo sapersi. Cosi’ il procuratore della Repubblica di Napoli, Giovanni Colangelo, in audizione in Commissione Antimafia, sulla pen drive che sarebbe stata trafugata dal bunker sotterraneo dove il boss dei Casalesi Michele Zagaria e’ stato arrestato il 7 dicembre 2011. “Non abbiamo individuato l’autore, ma non riteniamo chiusa la faccenda e sono in corso una serie di indagini”. Le indagini, ha sottolineato il procuratore, “puntano a individuare ruoli e passaggi che si sono verificati”. “La pen drive – ha spiegato Colangelo – non l’abbiamo trovata. Riteniamo tuttavia avesse una notevole importanza: fu pagato un prezzo ingente per il passaggio, si parla di 50 mila euro, e vennero coinvolte una serie di persone pur di portarla fuori”. “Cosa contenesse – ha aggiunto Colangelo – non e’ dato saperlo: c’e’ chi ipotizza indicazioni di tipo patrimoniale, chi l’esistenza  dell’organigramma dell’associazione di Zagaria, chi la lista dei soggetti esterni al clan ma a lui vicini, come imprenditori a cui fare ricorso. Sono pero’ tutte ipotesi. Al momento non riteniamo la partita sia del tutto chiusa. Continua la lettura di Procuratore Colangelo, certi dell’esistenza della pen drive del boss Michele Zagaria