Il rampollo della famiglia Schiavone, il primogenito Nicola inizia a mietere le prime “vittime”. Da qualche mese ha iniziato a collaborare con la Giustizia. Interrogatori su interrogatori. Un fiume in piena. Al momento centinaia di pagine di verbali con dichiarazioni etero e auto accusatorie la cui fondatezza è al vaglio degli inquirenti. Alla Procura distrettuale Antimafia di Napoli è un pool intero di magistrati a lavorarci. Decine i filoni d’inchiesta che potrebbero aprire profondi squarci tra le sacche di resistenza di coloro che ancora hanno fiducia e come riferimento lo spietato clan dei casalesi. Omicidi, traffici illeciti, estorsioni. Pane quotidiano per colui che ha retto le sorti dell’esercito del male made in Casal di Principe per qualche lustro. Nicola Schiavone aveva un nome e una stirpe da difendere. Gli “agganci” con alcuni politici che hanno fatto parte dell’amministrazione comunale di Santa Maria Capua Vetere e il legame, stretto, con diversi imprenditori disposti a pagare tangenti al clan pur di aggiudicarsi gli appalti banditi dal Comune sammaritano. Sono i due punti salienti del primo verbale depositato dal pubblico ministero antimafia Maurizio Giordano durante una delle udienze dell’inchiesta “The Queen” sulla presunta triangolazione tra politica, camorra e imprenditoria per il condizionamento di importanti appalti. L’interrogatorio è datato 21 settembre, 16 pagine di dichiarazioni, molte delle quali coperte da ‘omissis’, e altre composte da fotografie sottoposte al vaglio del collaboratore di giustizia. Poche le parole pronunciate dal pentito che riescono a filtrare. Quanto basta per riuscire a disegnare il perimetro dei racconti che il boss sta fornendo alla Dda. Nicola Schiavone spiega che il clan dei casalesi ha avuto rapporti con esponenti della pubblica amministrazione di vari comuni per far sì che imprese suggerite del clan riuscissero ad aggiudicarsi gli appalti. Ma, nelle poche righe rese pubbliche, non viene specificato a quale periodo temporale si riferisca, né in che modo sia venuto a conoscenza di queste circostanze. È solo possibile apprendere che, a dire di Schiavone, i contatti coi politici ‘amici’ li avrebbe tenuti Alfonso Salzillo. E il clan come entra(va) nella spartizione? L’aggressione da parte dello Stato all’esercito del male ha nel frattempo ridotto all’osso i rapporti tra mafiosi e imprenditori. Il canale preferenziale con il vertice del clan è tenuto solo da alcuni di loro. Sempre e solo gli stessi interlocutori. Meglio se paesani. Il resto spetta al mondo di coloro che, indisturbati, vive in quella zona grigia border line che al massimo si dota di utenze dedicate intestate a cittadini stranieri. Nel cosiddetto mondo di mezzo. Su questo punto l’inchiesta “The Queen” nel marzo dell’anno scorso ha disvelato il vero modus agendi del rapporto tra imprenditoria e mondo delle professioni del settore edilizio regionale. È arcinoto che nella terra di Gomorra non si muoveva (o non si muove ancora?) una foglia se non lo volevano i capi del sodalizio imprenditorial-professionistico. Come avveniva per il traffico di rifiuti negli anni ’80 al clan dovevano arrivare solo i soldi. È troppo pericoloso. La banda si era dotata di regole. Ferree. Spietate. Ahinoi, soprattutto difficilmente aggredibili dal punto di vista giudiziario. “Ti sei organizzato o non ti sei organizzato?”, come “…a quello poi ci aggiungi pure le migliorie”, o come ancora “tu là ti devi organizzare pure con l’impresa”. Bastavano queste poche parole perchè gli interlocutori d’intendessero sul da’ farsi. A proferire questi brevi dialoghi il professionista che era a capo del Sistema: col suo “giro” di amicizie, conoscenze, possibilità, entrature sapeva e controllava tutto. A ricevere queste informazioni da cogliere al volo erano la gran parte degli imprenditori dell’Agro aversano che avevano necessità di soddisfare il loro desiderio di imporsi sul mercato del cemento. Era messo in conto che si dovevano pagare le mazzette per corrompere commissari di gara o pubblici funzionari. Quanto agli imprenditori che si sarebbero aggiudicati gli appalti perché sponsorizzati dai casalesi, Schiavone si sofferma sulle figure di Antonio Bretto e di Mario Martinelli. Coloro che hanno avuto modo, con l’imprenditore Pasquale Garofalo e qualcun altro di vincere e realizzare la stragrande maggioranza delle opere pubbliche ad Aversa negli ultimi anni. Evidentemente è giunta l’ora di iniziare a preparare le valigie. Qualcuno gli ha riservato una bella vacanza in vestito a strisce.