«Mi pento per non essere stato un buon marito e un buon padre, per il resto risponderò a Dio perchè non ho commesso alcuno dei fatti per i quali sono stato condannato». Lo ha dichiarato il capo dell’ala stragista del clan dei Casalesi Giuseppe Setola, rispondendo alle domande del pm della Dda di Napoli Alessandro Milita durante l’udienza del processo in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, avvenuto a Castel Volturno il 16 maggio 2008. Atmosfera più distesa oggi, dopo le schermaglie con il magistrato che hanno caratterizzato la scorsa udienza; gli unici momenti di tensione si sono verificati quando il pm ha chiesto al killer, già condannato con sette ergastoli definitivi per 15 omicidi su 18 avvenuti nel Casertano tra il maggio e il dicembre 2008, tra cui la strage degli immigrati, se i suoi problemi alla vista erano aumentati negli ultimi anni. «Da anni ho l’occhio sinistro spento – ha spiegato Setola – che mi permette di distinguere solo la luce e nulla più mentre all’occhio destro vedo pochissimo». «Allora come faceva a fare il capo se non vede?», domanda il pm, che poi chiede a bruciapelo all’imputato: «Ma lei se si copre l’occhio sinistro mi vede?». «Dottò, siamo davanti ad una Corte, mica potete farmi la visita oculistica qui». Giuseppe Setola, comunque, anche di recente si è rifiutato di sottoporsi a un esame oculistico in carcere malgrado fosse stato proprio lui a chiederlo. Setola racconta poi l’episodio della fotografia con bastone e benda inviata durante la latitanza ai media: «La scattò Spagnuolo (altro elemento del suo gruppo) perchè su Internet lesse che il ministro dell’Interno chiese verifiche sulla mia malattia». L’autore della strage di Castel Volturno conferma poi di aver consegnato nel 2009 un «pizzino» al suo ex avvocato Girolamo Casella (condannato a 15 anni di carcere) «per chiedere a Nicola Cangiano di mandarmi soldi in carcere per le spese quotidiane».