Ormai nella nostra triste e martoriata terra è cosa risaputa: chi ha inquinato riesce sempre a farla franca. I fratelli Salvatore, Cuono e Giovanni Pellini sono stati per un trentennio all’apice dell’industria ecologica campana. Industriali dei crimini ambientali. Fanghi industriali da trasformare in compost la loro specialità. Un compost di veleni però. Del loro modus operandi, tra i tanti, ha raccontato tutto ai magistrati il collaboratore di Giustizia della fazione bidognettiana, il monnezzaro cesano Gaetano Vassallo: “dai Pellini ad Acerra i fanghi sono stati diluiti nell’acqua e sparsi nei campi con gli irrigatori automatici”. Le società di rifiuti che si rivolgevano ai clan, “se avessero smaltito legalmente avrebbero speso quattro io cinque volte in più”. Meglio disperdere i fanghi e il percolato direttamente nei Regi Lagni. Dal Nord verso il Meridione arrivavano camionate di veleni e soldi. Pecunia non olet e la monnezza è oro. Per sversamenti illeciti e disastro ambientale i Pellini furono condannati a 7 anni di carcere in Appello. La Cassazione li confermò pochi mesi fa. Durante l’emergenza rifiuti campana, misero a disposizione del Commissariato di Governo i loro impianti. La mucca da mungere era zeppa di latte. L’emergenza rifiuti è stata manna dal cielo per parecchi ecocriminali. Quella che un tempo era conosciuta come Campania Felix gli industriali acerrani, come altri faccendieri e criminali ambientali in odore di mafia, l’hanno riempita con pattume di ogni genere, compresi di rifiuti tossici e pericolosi, sversandoli nei terreni agricoli come ammendante. Ma come già è capitato per il passato, gli ecomafiosi riescono sempre ad uscirne indenni da processi lunghissimi che non hanno portato a nessun risultato. Tante leggi e parecchia impunità. Da qualche giorno i tre fratelli di Acerra, di cui uno carabiniere sospeso dal servizio, sono uomini liberi. A gridare allo scandalo per questa scellerata decisione di una Giustizia “malata”, non sono stati solo i comitati ambientalisti. “Desta sconcerto, indignazione e rammarico, la sospensione della carcerazione di alcuni industriali di Acerra, riconosciuti colpevoli di grave disastro ambientale di cui ancora oggi non è possibile calcolare gli effetti devastanti sulla salute dei cittadini. Questa decisione incoraggia quanti inquinano”. È quanto ha affermato il vescovo di Acerra, monsignor Antonio Di Donna, nel corso della sua omelia pasquale commentando la sospensione della carcerazione dei fratelli Pellini (senza mai nominarli – nda), per i quali, nei giorni scorsi è stata disposta la sospensione della carcerazione grazie ad un indulto del 2006 firmato dall’allora Guardasigilli Clemente Mastella. Gli industriali acerrani, condannati per aver sversato rifiuti tossici e pericolosi nelle campagne dell’agro napoletano e casertano, potrebbero essere sottoposti a svolgere servizi sociali per scontare il resto della pena. “Quello che dico non è contro le persone – ha spiegato il presule acerrano – che sono nostri fratelli, ma contro l’errore commesso. Questa notizia incoraggia di più la rassegnazione e lo sgomento, e ridimensiona quella sentenza grave, chiara, che la Corte di Cassazione aveva emesso solo pochi mesi fa, e che parlava di grave disastro ambientale ad Acerra. Di fatto questa decisione, che speriamo sia revocata, incoraggia quelli che inquinano, visto che poi alla fine questo è il risultato”. Se le cose stanno così siamo veramente alla frutta. Bambini e adulti nel triangolo della morte (Acerra, Giugliano e Casal di Principe – nda) continuano a morire. Tumori e leucemie stanno annientando una popolazione intera. Nel silenzio tombale di chi può e nulla muove. Chi ha devastato la campagna più fertile d’Europa meriterebbe di finire i suoi giorni in galera. E l’elenco di chi ha fatto una fortuna sulle spalle dei cittadini inermi è lunghissimo. Ancora una volta è stato liberato Barabba e a penare sotto la scure della condanna è sempre Gesù.