Le elezioni regionali sono alla porta. C’è tanto fermento in Città e nell’Agro. I social stanno impazzendo tra conferme, smentite e abbandoni. I ristoranti e le bettole ogni sera ospitano cene tra amici, sodali, compagni di avventure e disavventure. I partiti e movimenti civici ormai sulla scena più delle compagini old style sono in fermento. Qualche nato con la camicia cerca la riconferma, ma dipende. Dipende dalla Magistratura ma soprattutto dagli schieramenti in campo. Quello che resta del centrosinistra, del centrodestra e dei movimenti sono solo morti e feriti o ancora qualcuno che è in coma. La Destra di Meloni, considerato anche il trend positivo, sembra l’unica più attiva ma anche quella infestata più che mai dalle lotte intestine tra i contendenti. Ma nell’Agro aversano le elezioni sono anche e soprattutto regolamenti di conti. Tra bande ovviamente. In famiglia o in quello che resta dei partiti. A destra come a sinistra, così come nel civismo dilagante. C’è chi cerca il posto al sole al Centro direzionale, arrovellandosi il cervello facendo melina, mostrando i muscoli facendo finta di restare a guardare. Aspetta il momento topico per poi salire sul carro del possibile cavallo vincente. Attori di una cinematografia elettoralistica già vista. Di programmi, idee, nulla. Ambiente, lavoro, scuola. Si parla solo di nomi. Chissà che succederà, chissà chi avrà il coraggio di metterci la faccia. I proprietari dei soliti comitati elettorali sono in trepidante attesa: aspettano il solito referente che li raggiunga per bloccare la sede. Ma non serve questo spettacolo ridicolo nella nostra martoriata terra. Per le elezioni, quelle regionali soprattutto servono soldi, e a palate. E le inchieste giudiziarie, da Tangentopoli, passando per Spartacus, fino ai giorni nostri con l’inchiesta The Queen lo dimostrano: voti significa interessi, che a loro volta significa lavoro, soldi e patrimoni. Le mafie che governano ancora quasi tutto sono in attesa. Serafica, tanto prima o poi i galoppini si scomoderanno e i patti si concretizzeranno come si è sempre fatto. La geografia socio-politica dei clan ad Aversa come nell’Agro aversano ormai è un campo minato: il Nord napoletano è entrato a gamba tesa negli interessi commerciali e imprenditoriali dei clan indigeni. Ormai la netta separazione tra i “napoletani” e gli indigeni nell’Agro non ha più ragione di esistere. Anzi, il crogiuolo, il miscuglio familiare ha reso anche il lavoro degli inquirenti e dell’Autorità giudiziaria difficile, sfiancante. Nuova camorra, clan dei casalesi 2 o 3 punto zero, e che sarà mai, si chiederà qualche ingenuo che forse si vuole tenere alla larga dai fatti di mafia. Ormai la politica, i partiti, le Istituzioni, nessuno più parla di interessi mafiosi, di reinvestimenti di capitali malavitosi, di riciclaggio. La coppola e la lupara non ci sono più. Desistano chi aspetta ancora il Peppe Braciola di turno che si mette a capo dei sodalizi criminali. Quella forma di organizzazione malavitosa ormai è solo storia. Oggi che il metodo mafioso miete più vittime (senza sangue e piombo) di prima servono anticorpi più potenti di quelli che potranno abbattere la forza di un coronavirus. Purtroppo le difese sono deficienti nella migliore delle ipotesi. Le elezioni per il rinnovo del parlamento regionale saranno il banco di prova di una classe politica disattenta e se silente, collusa fino al midollo. La gente onesta di queste contrade aspetta, desiderosi, la svolta, il potenziale cambiamento. Intanto qualche nome circola. Qualcuno per l’ennesima volta resterà fuori dai giochi. La politica è un gioco delle parti. Basta sapere da che parte stare.