“La corruzione è un virus sociale che infetta tutto, serve maggior cultura della trasparenza tra enti pubblici, settore privato e società civile”. Non lo dice un dispositivo del Tribunale, non lo scrive un magistrato, né è scritto in un manifesto pubblico. A descrivere un contesto a tinte fosche completamente dominato dal cancro della corruzione è Papa Francesco nella sua recente visita in Sud America. Un continente in preda ad una tangentopoli nella gestione del potere senza precedenti. E come è solito fare il Papa non usa mezze parole, non si scherma dietro i velluti dello sfarzoso palazzo del Palacio del Gobierno di Lima. “Uniti per difendere la speranza” recitava il testo del discorso papale: “implica maggior cultura della trasparenza tra enti pubblici, settore privato e società civile, e non escludo le organizzazioni ecclesiastiche. Nessuno può dirsi estraneo a questo processo; la corruzione è evitabile ed esige l’impegno di tutti. Coloro che occupano incarichi di responsabilità, in qualunque settore, li incoraggio e li esorto a impegnarsi in tal senso”. Parole come macigni. Nella terra di mezzo a cavallo tra le province di Napoli e Caserta, l’eco del discorso di Francesco sarà arrivato? Considerato lo squallore che avvolge le pubbliche amministrazioni si sarà fermato all’esterno di ogni sede istituzionale. Loschi figuri, faccendieri attaccati alla greppia del potere, continuano a dettare le agende dei politici locali. Il fenomeno corruttivo deve spaventare più di prima. I collaboratori di giustizia sono sempre più chiari a proposito di appalti e incarichi: non sono i camorristi a rivolgersi alla politica per ottenere il “dovuto”, ma sono una ventina d’anni che sono gli uomini che la interpretano a rivolgersi alla criminalità. I superboss dei casalesi, Francesco Schiavone “sandokan”, Francesco Bidognetti cicciotto di mezzanotte, Michele Zagaria “capastorta”, Dario De Simone “o curt”, quelli che un tempo erano adusi frequentare senza nulla temere le stanze del potere amministrativo e politico locale, oggi sono al 41 bis o in qualche località protetta. Avevano nelle loro mani tutte le amministrazioni locali, la Usl, l’ospedale, la gestione delle mense. Tutto. Oggi è cambiato qualcosa? Sono cambiate le persone e i ruoli. E manco tanto. Qualcuno che in quell’epoca serviva come tecnico di riferimento qualche vicesindaco storico di fede socialdemocratica oggi amministra. Qualcun altro che era al servizio dello strapotere democristiano di biscegliana memoria della colata di cemento facile oggi amministra. Insomma tutto è cambiato perché nulla cambiasse. Le regole in campo sono sempre le stesse. A comandare mai gli aversani. Sempre gente che viene da fuori. A proposito di corruzione però, non può passare indisturbata la determinazione dirigenziale 312 del 28 dicembre scorso. “Rimborso per le spese di viaggio al Sindaco, al Vice Sindaco, al Segretario Generale e al Comandante della P.M.” il titolo. La gita a Roma del primo cittadino Enrico De Cristofaro, finito nelle maglie dell’Antimafia napoletana per corruzione e turbativa d’asta nell’inchiesta “The Queen”, è nota a tutti. Nonostante l’architetto indagato sapesse bene a Roma chi lo aspettava a Palazzo San Macuto per interrogarlo e soprattutto su quali argomenti, si è fatto un bel viaggio in treno in compagnia di altre tre persone: il fido vicesindaco, la Segretaria Generale del Comune e il povero comandante della Municipale. Il verbale dell’audizione davanti ai commissari del III Comitato – Infiltrazioni mafiose nelle istituzioni territoriali e negli enti locali ormai è noto, è tutto agli atti. Manca solo il rinvio a giudizio per De Cristofaro. E ben presto lo vedremo tra i banchi degli imputati. I problemi della Città di Aversa sono ben altri. I conti del comune sono talmente in rosso che al momento è difficile anche una quantificazione precisa dell’ammontare complessivo della situazione debitoria. I 488 euro rimborsati a chi ha preso parte alla gita romana è sintomo di un qualche cosa che va al di là dell’esempio che i comuni cittadini dovrebbero ricevere da chi occupa un posto di rilievo nella Pubblica Amministrazione. Qualche primo cittadino, nel recente passato, aveva rinunciato all’indennità quando ha ricoperto la carica di sindaco. Beh, le persone sono diverse come le dita di una mano. E menomale!