Michele Zagaria, il boss dei Casalesi arrestato nel dicembre del 2011 dopo una lunghissima latitanza, per anni aveva continuato a impartire ordini al clan dopo aver fatto cablare l’intero paese: fili interrati per centinaia di metri, che mettevano in collegamento il suo bunker con le postazioni di gregari e fiancheggiatori. Per questo mai una volta gli inquirenti erano riusciti a captare la sua voce nel corso delle centinaia di intercettazioni dei telefoni degli affiliati alla cosca. Oggi la polizia ha eseguito perquisizioni e sequestri in numerose case di Casapesenna, il comune del Casertano dove Zagaria è nato e ha percorso tutte le tappe della sua carriera criminale. Nelle abitazioni di familiari e fiancheggiatori era stato istallato il sistema di citofoni che permetteva al boss di comunicare con i suoi uomini. L’indagine delle Squadre mobili delle Questure di Caserta e Napoli, coordinate dalla Dda partenopea, con il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e i pm Catello Maresca e Marco Del Gaudio, hanno portato alla scoperta di un sistema interrato nelle strade del comune del Casertano, ritenuto tecnologicamente all’avanguardia: dotato com’era di rilevatori di tensione capaci di segnalare eventuali cali dovuti ad accessi abusivi, di un alimentatore autonomo in grado di assicurare il funzionamento, anche in caso di distacco di energia, e di un potenziatore di segnale per raggiungere obiettivi distanti alcune centinaia di metri. Se si fosse notato un calo della tensione – spiegano gli inquirenti – per i camorristi sarebbe stato il segno che qualcuno si era inserito sulla linea per intercettare le comunicazioni. Sono in corso indagini per verificare se il sistema era allacciato alla rete della illuminazione pubblica. Il sistema di comunicazione attraverso citofoni era ritenuto, e a ragione visti i risultati, più affidabile rispetto sia ai pizzini, sia soprattutto a telefonini e computer. Tracce dell’esistenza di questo meccanismo erano emerse già al momento della irruzione nel covo di via Mascagni dove la polizia mise fine alla latitanza del boss, durata ben 17 anni. Finora sono stati scoperti cinque punti di ascolto, nei covi utilizzati da Zagaria e anche in case di ”insospettabili”. Ora le indagini della Direzione distrettuale antimafia puntano a individuare le persone che hanno realizzato le opere di cablaggio. Una attività che è avvenuta, come si può facilmente immaginare, alla luce del sole: qualcuno che avrebbe dovuto accorgersi e segnalare quanto stava avvenendo (i lavori hanno interessato praticamente l’intero territorio di Casapesenna) non lo ha fatto: anche le eventuali coperture di cui avrebbe goduto per anni il boss sono ora nel mirino di magistrati e forze dell’ordine.