Antonio Iovine o’ninno parla, è un vero fiume in piena. È incessante il lavoro dei carabinieri. Nel pomeriggio di oggi sono tornati nel luogo dove il 12 gennaio del 2009 riuscì a farla franca il boss stragista Giuseppe Setola, via Vicinale Sant’Antonio a Trentola Ducenta. Alla ricera di armi e di altro indicato dai pentiti. La magistratura della Direzione Distrettuale napoletana non si ferma, si sposta da un sito riservato all’altro, o’ninno ha tanto da raccontare. I rapporti con la politica, i colletti bianchi, la zona grigia del sottobosco criminal-imprenditoriale, i patrimoni illecitamente acquisiti, il tesoro dei boss, gli arsenali del clan nella Terra di Gomorra. Antonio Iovine, Massimiliano Caterino e Attilio Pellegrino stanno vuotando il sacco riempiendo pagine su pagine di verbali. Questo è solo l’inizio, una nuova alba in una terra martoriata e stanca sta per iniziare!
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Antonio Iovine è un fiume in piena, ritrovati kalasnikov e munizioni a Casal di Principe
I carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Caserta hanno rinvenuto, nel corso di una perquisizione domiciliare, armi e munizioni in un’abitazione a Casal di Principe. Il rinvenimento è avvenuto nella casa di un affiliato al clan dei Casalesi, già detenuto per reati associativi, ed è stato consentito dalle rivelazioni di Antonio Iovine, capoclan dei Casalesi che di recente ha deciso di collaborare con la giustizia. Armi e munizioni erano contenute in tubi di plastica all’interno del muro di cinta dell’abitazione. Si tratta di 4 fucili mitragliatori e un caricatore contenente 20 proiettili calibro 7,62. Il muro di cinta è stato abbattuto.
Alba nuova a Gomorra, ‘o ninno si “consegna” nelle mani della giustizia
Un soprannome, ‘o ninno, riferito al fatto che il suo primo arresto avvenne in eta’ molto giovane, ma soprattutto perche’ l’eta’ e 14 anni di latitanza non sembra aver indurito e invecchiato il suo volto. Antonio Iovine, 50 anni, da 4 anni al regime del 41 bis nel carcere di Badu ‘e Carros, nei mesi scorsi aveva revocato i suoi legali storici. Ma gia’ a dicembre 2010, a poche settimane dall’arresto, era trapelata la notizia di un suo colloquio con l’allora procuratore della Direzione nazionale antimafia Pietro Grasso; le voci di un suo possibile pentimento allora furono prontamente smentite dallo stesso Grasso. Inserito dal 1996 nell’elenco dei trenta latitanti piu’ pericolosi d’Italia e dal 1999 cercato in ambito internazionale, Iovine era stato catturato dalla polizia guidata all’allora capo della Squadra Mobile di Napoli Vittorio Pisani, che poi porra’ fine anche alla latitanza dell’altro boss Michele Zagaria, il 17 dicembre 2010 a Casal di principe, in un covo creato in una intercapedine di una villetta in V traversa Cavour di un suo fiancheggiatore, Marco Borrata. Iovine ha una condanna definitiva all’ergastolo, per associazione a delinquere di stampo mafioso e omicidio, arrivata nel 2008 in contumacia nell’Appello del primo processo noto come Spartacus. Proviene da una famiglia da sempre coinvolta nelle attivita’ della criminalita’ organizzata casertana, a cominciare dallo zio Mario Iovine, fedelissimo del boss Antonio Bardellino. Molto legato al boss Francesco Schiavone, detto Sandokan, ne era considerato il ‘delfino’. Continua la lettura di Alba nuova a Gomorra, ‘o ninno si “consegna” nelle mani della giustizia
L’odio razziale dietro la strage dei sette africani sulla Domiziana
Il commando dei casalesi responsabile della “strage di San Gennaro” incompiuta del 18 agosto 2008, nella quale a Castel Volturno scamparono miracolosamente alla morte rimanendo feriti cinque nigeriani, e dell’eccidio nel quale un mese dopo, il 18 settembre, vennero uccisi sei ghanesi – bilancio poi salito a sette per la morte di un sopravvissuto – agì con “elevatissima aggressività” senza curarsi della incolumità di nessuno e animato da “evidente avversione e chiaro disprezzo per le persone di colore”. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni di conferma delle condanne per i cinque killer imputati depositate il 16 maggio e relative all’udienza del 30 gennaio. I casalesi avevano deciso di far pagare il pizzo ai pusher africani, e come prima cosa avevano preso di mira una associazione di nigeriani che si batteva per la legalità in contatto con le forze dell’ordine. Le armi si incepparono e la mattanza si bloccò. Il mese dopo – ha raccontato il ‘pentito’ Oreste Spagnuolo, presente ai blitz – “visto che i nigeriani non avevano capito da chi fosse partita la spedizione punitiva”, era stato organizzato “un altro raid presso la sartoria sulla statale Domitiana dove erano solite radunarsi persone di colore”. Il gruppo del Setola travestito con l’uniforme dei carabinieri e fingendo un controllo sparò con quattro pistole, due kalashnikov e una mitragliatrice. Oltre a rendere definitivo l’ergastolo per il capo dell’ala stragista Giuseppe Setola (44 anni), per Alessandro Cirillo (38), per Giovanni Letizia (34) e per Davide Granato (39), la Prima sezione penale della Suprema Corte ha anche confermato l’aumento di pena inflitto in appello a Antonio Alluce (42 anni) che deve scontare 28 anni e sei mesi (23 anni in primo grado). Continua la lettura di L’odio razziale dietro la strage dei sette africani sulla Domiziana
Operazione Gico-Carabinieri, in manette sei esponenti del clan dei casalesi
Sono 6 le persone arrestate questa mattina dai carabinieri del Comando provinciale di Caserta e dai militari del Gico della Guardia di Finanza di Firenze nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Dda di Napoli. Gli indagati sono gravemente indiziati a vario titolo dei reati di trasferimento fittizio di titolarità di denaro o altro bene ed estorsione, con contestuale esecuzione di decreto di sequestro preventivo di quote societarie e beni immobili, per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro. L’indagine, svolta dall’ottobre 2011 al novembre del 2013, ha consentito di ricostruire una condotta estorsiva attuata da un imprenditore del frusinate, il quale, avvalendosi della forza intimidatrice di alcuni personaggi affiliati al clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, poneva in essere una serie di azioni tese a recuperare ingenti debiti non onorati da parte di alcune società, originarie dell’Agro Aversano e attive in territorio laziale, che gli avevano subappaltato considerevoli lavori di natura edile, tutti realizzati nel medesimo ambito territoriale. Nel corso delle indagini è stata inoltre accertata l’introduzione, sul territorio dello Stato, di un ingente numero di banconote false statunitensi pari a circa 5mila dollari, che poi venivano spacciate attraverso la mediazione di un istituto di credito sito in Caserta, risultato estraneo ai fatti. Continua la lettura di Operazione Gico-Carabinieri, in manette sei esponenti del clan dei casalesi