Un bunker probabilmente usato durante la latitanza dal capo dell’ala stragista dei Casalesi Giuseppe Setola – detenuto a Milano-Opera e condannato definitivamente a otto ergastoli per 15 omicidi su un totale di 18 avvenuti nel Casertano tra il maggio e il dicembre 2008, tra cui la strage di sei immigrati africani – e’ stato scoperto dai carabinieri a Casal di Principe. Del sanguinario boss, che entro l’autunno potrebbe ricevere il nono ergastolo per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello (il pm della DDA di Napoli Alessandro Milita ha chiesto il massimo della pena nella requisitoria del giugno scorso davanti alla Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere – ndr), non sono state trovate tracce nel nascondiglio ma i militari della Compagnia di Casal di Principe guidati da Michele Centola ritengono che il covo sia stato tra quelli che il killer utilizzava nei suoi spostamenti tra l’Agro-aversano e il vicino litorale domizio. L’immobile si trova in via Fellini, a poche decine di metri da quella che era l’abitazione di Setola, separato da quest’ultima solo da un altro stabile. L’ipotesi dei Carabinieri sembra essere sostenuta dal fatto che il proprietario dell’immobile, residente a Casal di Principe, pur non avendo precedenti penali, è figlio di un soggetto coinvolto nel maxi-processo Spartacus, nel quale era imputato Setola. Il bunker, ora ‘freddo’ e gia’ scoperto nel 2008 quando fu oggetto di perquisizione ma non fu sequestrato, era nel seminterrato di uno stabile, ed e’ composto da un monolocale abusivo con bagno annesso, collegati con un’altra pertinenza dell’immobile attraverso un corridoio sotterraneo lungo circa 25 metri e largo circa 2. Continua la lettura di Tra abusivismo e lavoro nero, scoperto un bunker “freddo” usato dal killer Setola
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La camorra chiama, Lusciano risponde. Tragicommedia dell’affarismo politico nella terra di nessuno
Terra di Lavoro e camorra. Un binomio a dir poco inscindibile. Terra di Gomorra, terra di intrallazzi, opposizione e maggioranza esaurite nel controllo di eventuali momenti di patologia nell’esercizio dell’azione amministrativa. Lusciano terra di conquista, terra di camorra. Consiglieri di opposizione che di giorno in una farsa da cinematografo vestono i panni di paladini della giustizia sociale, firmano interpellanze consiliari, inviano missive in Prefettura, minacciano esposti in Procura, attaccano manifesti gridando allo scandalo, si espongono alla berlina del buon governo sulla stampa “amica” e complice; di sera trattano con l’imprenditore, già schiavo del sistema criminal-mafioso, a suon di piccioli. Vergogna italica? Scandalo della provincia meridionale? A cadere nella rete dell’antimafia napoletana una banda di spregiudicati pseudo amministratori comunali, tecnici col vizietto dell’affaruccio sottobanco, imprenditori border line, financo un parlamentare della Repubblica delle banane, al secolo Luigi Cesaro, alias Gigino la polpetta. Attribuzione pilotata della gara d’appalto per il Piano degli Insediamenti Produttivi di LUSCIANO, il rilascio di autorizzazioni e documenti amministrativi riguardanti il Piano di Edilizia Economica e Popolare (PEEP), alla progettazione definitiva, la costruzione e la gestione di un Centro Sportivo Natatorio Polivalente. Queste in sostanza la materia del contendere: due gare d’appalto milionarie, un concorrente scomodo da estromettere a ogni costo, un incontro con i boss dei Casalesi raccontato da un imprenditore colluso, oggi collaboratore di giustizia. Verte su questo l’inchiesta della Dda di Napoli per la quale una richiesta di arresto nei confronti del deputato di Forza Italia Luigi Cesaro. Continua la lettura di La camorra chiama, Lusciano risponde. Tragicommedia dell’affarismo politico nella terra di nessuno
Posti di lavoro in cambio di voti per la sorella, in manette l’ex direttore del Cub Antonio Scialdone
Nell’Agro caleno lo conoscono tutti. sa Antonio Scialdone è stato il vero e proprio “deus ex machina” della maggioranza consiliare vitulatina dal 2009 al 2013. È proprio il periodo delle elezioni amministrative del giugno 2009 che si è concentrata l’attenzione del giudice per le Indagini Preliminari Colucci nell’ultima ordinanza a carico dell’ex direttore Generale del Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli, Antonio Scialdone (ai domiciliari), insieme con l’amico d’infanzia Maurizio Fusco, 33 anni, (già detenuto e ritenuto referente di zona della fazione Schiavone del clan di Casal di Principe) di concorso in voto di scambio aggravato. Posti di lavoro in cambio dei voti del clan dei Casalesi per sostenere l’elezione della sorella alle amministrative di Vitulazio (Caserta) del giugno 2009. La spuntò per soli due voti di differenza il dott. Achille Cuccari. Scialdone Giovanna Lina, sorella di Antonio, risulterà la candidata più votata, tra tutte le liste, ottenendo ben 268 preferenze, in seno all’amministrazione comunale, ha rivestito l’incarico di assessore con delega all’Ecologia, Personale ed Attività Produttive, fino al maggio di quest’anno. Il Nucleo di Polizia Tributaria del Comando Provinciale della G.d.F. di Caserta durante una perquisizione domiciliare a carico dello Scialdone, rinveniva un’agenda dell’anno 2009 sulla quale venivano annotate con la dicitura “voti 6-7 giugno-Vitulazio” una serie di nominativi evidentemente relativi al calcolo dei voti per le elezioni del consiglio comunale del Comune di Vitulazio, con la specifica indicazione del Fusco Maurizio e di persone a lui vicine. Continua la lettura di Posti di lavoro in cambio di voti per la sorella, in manette l’ex direttore del Cub Antonio Scialdone
Appalti Trenitalia e Consip, l’ex parlamentare berlusconiano Alfonso Papa di nuovo al gabbio
Nuovo arresto per l’ex parlamentare Pdl Alfonso Papa. I militari del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno eseguito un’ordinanza emessa dal gip di Napoli applicativa della custodia cautelare in carcere per Alfonso Papa e ai domiciliari per Giovanni Papa, padre dell’ex parlamentare. Ad entrambi sono contestate più condotte di concussione per induzione, ora “indebita induzione a corrispondere denaro e altre utilità”, realizzate con riferimenti agli imprenditori Angelo e Roberto Grillo, operanti nel settore dei servizi di pulizia e arrestati nelle scorse settimane. I Grillo “erano titolari di una società destinataria, all’epoca dei fatti, di interdittiva antimafia adottata dalla Prefettura di Caserta – ricorda il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino – per gli accertati rapporti tra la famiglia Grillo e soggetti appartenenti e comunque contigui al clan camorristico Belforte di Marcianise”. Alfonso Papa, in qualità di parlamentare, membro della Commissione Giustizia della Camera e della Commissione parlamentare antimafia negli anni 2009 e 2010, avrebbe indotto i Grillo (in particolare Angelo Grillo è stato arrestato ieri per la seconda volta nell’ambito dell’inchiesta su una speculazione edilizia a Marcianise. Era già coinvolto in altre inchieste, come quella sugli appalti concessi dall’Asl di Caserta alle sue ditte, ed è attualmente detenuto a Parma (in regime di 41 bis) per concorso esterno in associazione camorristica – nda) a cedere alle sua richieste di denaro prospettando che, anche in forza dei suoi legami con i più alti livelli della pubblica amministrazione e degli enti partecipati, avrebbe garantito “la sua protezione e il suo intervento risolutivo sul Consiglio di Stato, presso il quale pendeva la procedura proposta dai Grillo contro la decisione del Tar Campania che, in prima istanza, aveva rigettato il ricorso contro l’interdittiva antimafia, gravame poi effettivamente accolto dal Consiglio di Stato”. Continua la lettura di Appalti Trenitalia e Consip, l’ex parlamentare berlusconiano Alfonso Papa di nuovo al gabbio
Cemento a disposizione del clan dei casalesi: sequestrato il tesoro di Alfonso Letizia
Cento milioni di euro, il tesoretto dei Casalesi è finito sotto sequestro grazie a un’operazione della direzione investigativa antimafia di Napoli che ha messo i sigilli alle aziende riconducibili all’imprenditore 67enne Alfonso Letizia, operante nel settore del calcestruzzo. Secondo gli investigatori l’imprensitore è da ritenersi un vero e proprio affiliato al clan, fazione Bidognetti – Iovine: in cambio di una posizione dominante sul mercato aveva messo a disposizione della “famiglia” le sue aziende e strutture. Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Corinna Forte, su richiesta del direttore della Dia Arturo De Felice. I beni sono riconducibili ad Alfonso Letizia , 67enne originario di Casal di Principe, imprenditore mondragonese attivo nel settore della produzione e della vendita del calcestruzzo. Un’indagine del 2011 aveva già svelato gli intrecci illeciti del ceto politico di Casal di Principe con l’ala militare e imprenditoriale dal clan dei casalesi, fazione Schiavone e Bidognetti, fino al condizionamento del voto a favore di candidati indicati dall’organizzazione ed evidenziato enormi interessi economici nell’aggiudicazione di appalti, assunzioni di personale compiacente, apertura di centri commerciali, e attività edilizie con forniture di calcestruzzo.