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Casapesenna, un intero paese cablato per le comunicazioni del boss Michele Zagaria

Michele Zagaria, il boss dei Casalesi arrestato nel dicembre del 2011 dopo una lunghissima latitanza, per anni aveva continuato a impartire ordini al clan dopo aver fatto cablare l’intero paese: fili interrati per centinaia di metri, che mettevano in collegamento il suo bunker con le postazioni di gregari e fiancheggiatori. Per questo mai una volta gli inquirenti erano riusciti a captare la sua voce nel corso delle centinaia di intercettazioni dei telefoni degli affiliati alla cosca. Oggi la polizia ha eseguito perquisizioni e sequestri in numerose case di Casapesenna, il comune del Casertano dove Zagaria è nato e ha percorso tutte le tappe della sua carriera criminale. Nelle abitazioni di familiari e fiancheggiatori era stato istallato il sistema di citofoni che permetteva al boss di comunicare con i suoi uomini. L’indagine delle Squadre mobili delle Questure di Caserta e Napoli, coordinate dalla Dda partenopea, con il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e i pm Catello Maresca e Marco Del Gaudio, hanno portato alla scoperta di un sistema interrato nelle strade del comune del Casertano, ritenuto tecnologicamente all’avanguardia: dotato com’era di rilevatori di tensione capaci di segnalare eventuali cali dovuti ad accessi abusivi, di un alimentatore autonomo in grado di assicurare il funzionamento, anche in caso di distacco di energia, e di un potenziatore di segnale per raggiungere obiettivi distanti alcune centinaia di metri. Continua la lettura di Casapesenna, un intero paese cablato per le comunicazioni del boss Michele Zagaria

Vergogna a Gomorra, i messaggi dei boss si leggono dall’altare

Una lettera anonima, che proveniva probabilmente da imprenditori preoccupati per il fatto che lo scompaginamento, in seguito agli arresti, del clan locale aveva determinato richieste estorsive da parte di una cosca di un’altro paese. Il messaggio fu spedito al parroco che dall’altare, durante la messa di Pasqua del 2012, avvertì come a Casapesenna, il comune del Casertano dove prima il clan Zagaria dettava legge, fossero ormai arrivati i ”sanciprianesi” (dal vicino comune di San Cipriano di Aversa, ndr) a ”dare fastidio” senza che nessuno prendesse provvedimenti. L’episodio emerge dagli atti dell’inchiesta sull’ospedale di Caserta. Dopo la cattura del boss Michele Zagaria, e con il prolungarsi della detenzione di due fratelli, a gestire gli affari – si legge nell’ordinanza – fu l’altro fratello, Antonio. Si determinarono ritardi nei pagamenti che ”spettavano” alla famiglia Zagaria” che garantiva agli imprenditori locali l’aggiudicazione di importanti lavori e appalti pubblici. Racconta Giuseppe Venosa, un collaboratore che ebbe parte attiva in quella vicenda: ‘‘Nel periodo di Pasqua 2012 ci fu detto di andare da alcuni di questi imprenditori in società con la Famiglia Zagaria a chiedere soldi. Era successo questo: dopo l’arresto di Zagaria, venendo a mancare la sua guida ferma sul territorio, alcuni imprenditori iniziavano a far mancare i soldi che stabilmente garantivano alla famiglia. Fu così che Antonio Zagaria ci disse di andare a ‘bussare’ da questi imprenditori in modo che avessero l’idea che eravamo noi Sanciprianesi a chiedere questi soldi, e quando loro fossero andati da Zagaria per chiedere tutela, questi li avrebbe messi di fronte alle loro responsabilità”. Continua la lettura di Vergogna a Gomorra, i messaggi dei boss si leggono dall’altare

Ingerenze dei casalesi negli appalti all’ospedale di Caserta, 24 arresti tra politici e colletti bianchi

Giacca e cravatta, sempre impeccabile, ossequiato da tutti, lo si vedeva puntuale ogni mattina aggirarsi per i corridoi con l’aria di chi comanda e sa farsi rispettare. E per quanto in quell’ospedale non rivestisse alcun ruolo, il geometra Francesco Zagaria faceva valere il peso di un cognome che a Caserta e dintorni incute timore: era lui infatti che decideva tutto, curava i rapporti con politici e amministratori, stabiliva a chi assegnare gli appalti e le quote che dovevano essere versate alla famiglia. Cognato della ex primula rossa dei Casalesi Michele Zagaria, rappresenta la figura centrale dell’inchiesta della Dda di Napoli che ha portato oggi all’esecuzione di 24 ordinanze di custodia (10 in carcere e 14 ai domiciliari) – con accuse che vanno dall’associazione mafiosa, corruzione, turbativa d’asta e abuso ufficio – a conclusione di una indagine sugli appalti truccati all’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. Le indagini della Dia, coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dai pm Antonello Ardituro (ora al Csm) e Alessandra Lucchetta, hanno svelato che l’ospedale era sotto il dominio pieno e incontrollato della cosca degli Zagaria, fazione del clan dei Casalesi del comune di Casapesenna. I magistrati parlano di “una pervasiva e consolidata rete di connivenze e collusioni, sotto la regia dei boss della camorra casertana, tra appartenenti al mondo della pubblica amministrazione, della politica e dell’imprenditoria”. Continua la lettura di Ingerenze dei casalesi negli appalti all’ospedale di Caserta, 24 arresti tra politici e colletti bianchi

Mafia&carburanti, sequestrati beni per 120 milioni di euro ai Cosentinos

Un vero e proprio monopolio nella distribuzione dei carburanti fondato sulla forza intimidatrice del clan dei Casalesi e sulla capacità di Nicola Cosentino, ex sottosegretario di governo, di esercitare pressioni per favorire le aziende dei fratelli Giovanni e Antonio e danneggiare, invece, quelle concorrenti. I carabinieri di Caserta e la Procura di Napoli hanno sequestrato preventivamente ai fratelli Cosentino beni per circa 120 milioni di euro costituiti dalle società Aversana Petroli e Ip Service, e da 142 distributori di carburante tra Campania, Calabria, Basilicata e Toscana. I tre fratelli Giovanni, Antonio e Nicola Cosentino sono già destinatari di un provvedimento cautelare personale emesso nell’ambito della stessa indagine il 3 aprile 2014: il primo è detenuto insieme a Nicola, mentre Giovanni si trova ai domiciliari. Lo stesso giorno furono emessi altri undici provvedimenti cautelari nei confronti di altrettante persone. Secondo quanto evidenziato dagli inquirenti, le fazioni Russo e Schiavone del clan dei casalesi hanno aiutato i fratelli Cosentino nel raggiungimento del loro obiettivo, cioè il monopolio nel settore della distribuzione di carburanti. Le accuse contestate agli indagati sono, a vario titolo, di estorsione, concussioni, illecita concorrenza con violenza e minacce, riciclaggio. Il tutto aggravato dall’avere agevolato un clan di camorra. I carabinieri di Caserta, guidati dal colonnello Scafuri e dal tenente colonnello Alfonso Pannone, hanno messo i sigilli a distributori di carburante in una decina di province italiane distribuite in quattro regioni. La maggior parte degli impianti, circa una quarantina, si trovano nel Casertano. I restanti perlopiù in Campania (tra Avellino, Benevento e Napoli) ma anche in Calabria (Vibo Valentia, Crotone, Reggio Calabria e Catanzaro), Potenza e anche in provincia di Siena. L’attività investigativa, è stato spiegato nel corso di una conferenza stampa, – a cui hanno preso parte il procuratore della Repubblica Giovanni Colangelo, il pm della Dna Francesco Curcio, il colonnello Scafuri e il tenente colonnello Pannone – ha avuto inizio tra il 1998 e il 1999 ed è terminata nel 2011. Continua la lettura di Mafia&carburanti, sequestrati beni per 120 milioni di euro ai Cosentinos

Affari della camorra in Sardegna, sequestrati beni per 20 milioni di euro

Beni per oltre 20 milioni di euro sono stati sequestrati dalla guardia di finanza di Cagliari nell’ambito di una indagine ‘Little lord’ condotta nei confronti di un gruppo di imprenditori e professionisti dediti al riciclaggio e al reimpiego di denaro illecito, proveniente da reati connessi al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e all’evasione fiscale da parte di membri appartenenti ad associazioni camorristiche campane. I sequestri ordinati dal Gip di Cagliari, su richiesta della Dda, sono il risultato delle investigazioni degli specialisti del Gico del Nucleo di polizia tributaria, che hanno portato al sequestro di 7 aziende, 40 fabbricati e 8 terreni tra Sardegna, Campania e Lazio, nelle province di Cagliari, Napoli e Caserta, riconducibili a personaggi sardi e campani protagonisti del riciclaggio. Sequestrate, inoltre, numerose quote societarie e oltre 70 tra conti correnti e rapporti finanziari in banche ed istituti di credito. Tra i destinatari del provvedimento cautelare spicca la societa’ sarda ”Tu.ri.cost s.r.l.”, con sede legale originariamente a Sestu (Ca), proprietaria del complesso turistico-alberghiero di lusso ”S’incantu” di Villasimius (Ca), sequestrato. Le indagini sono scattate nel 2010 attraverso verifiche di operazioni gestionali dalla Turicost su acquisizione di terreni edificabili per la realizzazione di immobili destinati ad ospitare un villaggio-vacanze di pregio. Continua la lettura di Affari della camorra in Sardegna, sequestrati beni per 20 milioni di euro