La camorra nell’Agro aversano c’è e mostra i muscoli. Qualche prima cittadino che a breve dovrà rispondere in Tribunale di turbativa d’asta e corruzione nel mese di agosto dell’anno scorso si era offeso perchè si era parlato di Gomorra. Forse pensava di fare il sindaco di un’amena cittadina della provincia di Helsinki. Aversa invece si conferma essere terra di mafia. Quella casalese. Ora come ieri. Come da 50 anni a questa parte. A finire sotto il piombo mafioso è finito ‘o minorenne. Si chiamava Nicola Picone ed era stato arrestato in passato per estorsione vicino ai casalesi la vittima dell’omicidio avvenuto lo scorso 19 ottobre alla periferia di Aversa. Era un affiliato al clan Schiavone. Fu arrestato in un blitz nel 2010 insieme ad esponenti della fazione riconducibile al capo induscusso Francesco Schiavone alias Sandokan. Le indagini sono in corso. Gli atti in questi giorni sono stati trasmessi da Napoli Nord per competenza alla Procura di Napoli. Sarà il pool dell’area casalese della Direzione Distrettuale Antimafia a fare luce sulla vicenda. La dinamica, il numero di proiettili, l’esecuzione rimandano a metodi usati dal passato da chi manu militari ha “gestito” la propria piazza, chi segnava col sangue degli avversari finiti sul selciato il territorio. L’omicidio ha la firma della camorra. Il fiorente affare delle sale scommesse e dei videopoker, una piazza di spaccio, le estorsioni, un silenzio mancato. Tutto al vaglio degli inquirenti. A setaccio il passato e il presente della camorra made in Casal di Principe 2.0. Intanto il rampollo di casa Schiavone continua a “raccontare” il suo passato da criminale. I pubblici ministeri incessantemente depositano verbali su verbali nei vari procedimenti in corso tra Napoli, Napoli Nord e Santa Maria Capua Vetere. Quasi tutti omissati. Prestanomi, imprenditori, politici, faccendieri tremano. Tutto al vaglio dei riscontri da parte della polizia giudiziaria. Ben presto ci sarà il terremoto? Ai pubblici ministeri Graziella Arlomede e Vincenzo Ranieri a reso noti i retroscena del tentativo di espropriare i fondi agricoli della Curia aversana. Interrogato dai pm Fabrizio Vanorio e Luigi Landolfi il primogenito di Sandokan ha rivelato appalti e affari all’ombra delle amministrazioni ed enti locali. “Stavamo facendo un affare a Villa di Briano, a proposito di un fondo di proprietà della Curia, per il quale stavamo avanzando anche un’offerta. L’idea era di lottizzare il terreno, che in parte sarebbe rimasto ai coloni, per poi farlo inserire nel piano regolatore”. Nulla di nuovo. “L’operazione era complessa, in quanto innanzitutto era necessaria la rinuncia dei coloni, che essendo nostri amici l’avrebbero concessa a noi e non ad altri, anche perché i fondi erano da loro occupati da almeno 50-60 anni. E a noi la rinuncia arrivò, fu avanzata anche l’offerta alla Curia, proprietaria del fondo (chiaramente estranea alle trame mafiose, ndr), sulla scorta di un’indicazione fatta dall’ingegnere ‘omissis’…”. Chi sarà mai l’ingegnere ‘omissis’? Chi sia? È stranoto. Meglio aspettare la discovery ufficiale da parte dei magistrati. Non è l’unico. Ed il solo soprattutto. Anzi. Il boss Nicola Schiavone è un fiume in piena. Ha parlato di come avveniva (o avviene ancora?) la selezione degli uomini politici. “Come è noto Casal di Principe era un’amministrazione interamente controllata da noi della famiglia Schiavone a partire da mio padre fin dagli anni ‘80… accadeva che alcune persone si proponevano per andare ad amministrare il comune come sindaco. Queste persone fin dall’inizio della loro intenzione di proporsi come candidati a sindaco si rivolgevano a noi del clan ed a me in particolare per il tramite delle persone di mia fiducia, per avere l’assenso alla loro candidatura. In pratica, chi decideva di voler competere per diventare sindaco doveva chiedere a me… il nulla osta per la presentazione della candidatura, a prescindere dal colore politico. Io raccoglievo queste proposte e poi decidevo in base ad una sorta di valutazione sulla personalità del candidato”.